Final Destination è una sanguinolenta ma divertente serie horror iniziata nel 2000, in attesa del nuovo capitolo ripercorriamo il fortunato franchise.
Cosa ci ha insegnato la canzone Samarcanda, amara ballata degli anni ’70 che ha origini lontane, si dice addirittura il Talmud, alla quale si sono ispirati gli scrittori John Henry O’Hara e Gregor von Rezzori in due loro libri?
Ci ha insegnato che alla Morte non si fugge, che, se qualcosa è scritto, noi non abbiamo il potere di evitarlo e qualunque cosa faremo, questa ci porterà là dove dovremo essere per porgere il collo alla falce della Nera Mietitrice.
Come recitano i versi conclusivi “Io non ti guardavo con malignità, era solamente uno sguardo stupito, cosa ci facevi l’altro ieri là? T’aspettavo qui per oggi a Samarcanda, eri lontanissimo due giorni fa, ho temuto che per ascoltar la banda non facessi in tempo ad arrivare qua”.
Di questa inesorabile legge ha fatto tesoro la serie di film Final Destination che anche se mai adeguatamente supportata da personaggi degni di nota, ha sempre avuto il merito di inanellare cause ed effetti con una logica spesso dettata da semplici leggi fisiche, innescate però spesso dalla stupidità umana, regalando sadiche soddisfazioni agli appassionati dell’horror.

La prima comparsa di Tony Todd nel film del 2000.
La saga ha avuto inizio 25 anni fa, nel 2000, con la regia di James Wong. Un gruppo di studenti sta per volare a Parigi per una breve vacanza. Alex sembra avere un incubo premonitore (il tema ricorrente) e scende dall’aereo con altri amici. L’aereo in effetti esplode ma nei giorni successivi cominciano a morire nei modi più assurdi anche i sopravvissuti.
Perché la Morte non accetta che nessuno interferisca con i suoi piani. Il film ha il merito di avere lanciato la carriera di Ali Larter, una delle poche attrici che ha poi avuto una discreta carriera dopo la partecipazione alla serie tv Heroes e ad alcuni Resident Evil, clamorosa la sua recente partecipazione a Landman, serie scritta da Taylor Sheridan.
Perché qua e là nel corso delle varie versioni abbiamo incontrato facce note, ma in generale tanti dalle serie tv provenivano e a quelle sono tornati, se è andato bene, ma mai acquisendo gran fama.

Un macabro momento del secondo capitolo.
Uno dei volti più noti è stato quello del mitico Tony-Candyman-Todd, purtroppo oggi deceduto, che è comparso nel n.1, nel 2, nel 3, nel 5 e anche, in un’apparizione in cui si intuiva il suo stato di salute, nell’ultimo capitolo, che uscirà il 16 maggio, Final Destination: Bloodlines, con la regia di Zach Lipovsky e Adm Stein.
Il secondo film del 2003 è diretto da David R. Ellis, di nuovo nel cast compare Ali Larter e di nuovo tutto ha origine da un incubo premonitore su un apocalittico incidente in autostrada, che però non impedisce alla sciagura di verificarsi e ai sopravvissuti di morire poi nei modi più fantasiosi, perché la Morte è dotata pure di un suo macabro sense of humor.
Il terzo capitolo del 2006 (di nuovo Wong alla regia) ha come protagonista Mary Elizabeth Winstead, attrice di buona fama con validi titoli nella sua carriera. La premonizione riguarda un incidente catastrofico sulle montagne russe di un Luna Park e poi via con le solite sequenze di sadici decessi fra i sopravvissuti vanamente ostacolati dalla protagonista. Finale nerissimo anche qui.

Il film in 3D aveva aumentato l’effetto dei sadici disastri.
Segue nel 2009 un capitolo in 3D (diretto da David R. Ellis e sarebbe in effetti il n.4), in cui l’incidente catastrofico avviene su un circuito automobilistico, con conseguenze di devastante distruttività. Vani saranno tutti i piani messi in atto per schivare il riassestamento contabile da parte della Signora con la falce, che se la ride sempre mentre guarda l’agitarsi degli umani.
Arriviamo così al più recente n.5 del 2011, con la regia di Steven Quale, che è un prequel del primo film. La premonizione riguarda l’apocalittico crollo di un ponte, in cui trova crudele morte un gruppo di amici. La Morte come sempre assai indispettita inizia a riprendersi i soggetti sopravvissuti che le spettano.
Il film, assai riuscito, ha un tono particolarmente sadico e divertente e si riallaccia al primo episodio del 2000 con il dettaglio della sciagura legata al Volo 180. Il nuovo film, il sesto, Final Destination: Bloodlines sembra avere una trama più complessa e va considerato che la contabilità della Morte non ha mai scadenza temporale.

Mary Elizabeth Winstead, protagonista del terzo capitolo.
Grazie a un incubo, una ragazza scopre che la sua amata nonna era sfuggita alla Morte 50 anni prima, morendo poi di morte naturale in età avanzata. I suoi discendenti quindi le sono debitori. Aspettiamo di vedere il risultato.
Il meccanismo è stato spremuto al massimo e le trame sono state tutte prevedibili: a ogni visione ci si può solamente sbizzarrire su quale sarà il disastro che darà l’avvio alla vicenda e sulla catena di eventi che determineranno i successivi incidenti mortali, con il solito divertente “effetto domino” di oggetti coinvolti a causare sfracelli, uno degli elementi distintivi di questa serie di film (come già si nota nel divertente trailer).
In un paio dei film meno riusciti si avvertiva il meccanismo ripetitivo, i sopravvissuti sprecavano il poco tempo a disposizione cercando di convincere i riottosi (e antipatici) compagni a prendere qualche precauzione, che comunque si sarebbe rivelata inutile. In questi film i decessi si susseguono, uno più sadico dell’altro, fino all’eliminazione totale. Titoli di coda.

Perché alla fine è qui che si finisce, bisogna però vedere come.
A fare la differenza, a salvare storie sempre uguali, è stata sempre la sfrenata, sadica fantasia degli sceneggiatori nell’inventare le mitiche catene di “sfighe”, per cui un evento casuale dal topolino che sembra essere diventa un mammuth che travolgerà e spiaccicherà chi si troverà sul suo percorso.
Il combinarsi della minima disattenzione con una serie di altri eventi altrettanto minimali, per accumulo, darà luogo a catastrofi inimmaginabili. Tutte molto plausibili fra l’altro. Inutile illudersi di comprendere il meccanismo, inutile opporre piani per sventare la malasorte, nel vano tentativo di cambiare il corso al destino.
Quello che deve succedere succederà, e se sembra per un attimo di avere vinto, non illudersi, anche quella “sospensione di pena” era prevista. La Mietitrice ha il suo numero di soggetti da raccogliere e non sono contemplati sconti.

Fuoco cammina con me…
Non cerchiamo pertanto particolari approfondimenti della psiche dei poveracci coinvolti, stretti insieme nel pugno del fato, con le rispettive, diverse reazioni di fronte alla prossima, ineluttabile conclusione della propria esistenza.
In film così non si tifa nemmeno per i personaggi, che sono semplici figurine da appallottolare e gettare via mano a mano che la trama si snoda, senza che i compagni si soffermino nemmeno a piangerne il tragico trapasso.
I film della serie Final Destination si possono considerare dei piccoli gioiellini splatter che negli anni hanno messo insieme una buona quantità di scene degne di disaster-movie di livello superiore: disastri aerei, un memorabile incidente plurimo in autostrada, un altro su un otto volante estremo, una serie di crash iperbolici su un circuito di macchine da corsa, il crollo spettacolare di un ponte tipo Golden Gate.

Qualcuno ha lasciato aperto il gas?
Al botteghino nella media il franchise è stato sempre redditizio e quindi Warner non se lo è mai lasciato scappare. Lo spirito di questi film non è mai stato quello cupo e angoscioso della serie Saw, altro progetto di successo che inanella catene di uccisioni di diabolica macchinosità, pervaso però da un alone di cupo sadismo, di efferata tortura, che non invoglia certo alla risata liberatoria.
Quella risata che qui invece si prepara nello spettatore già fin dalla costruzione minuziosa della sciagura che si sa imminente, che si sviluppa da coincidenze elementari, tali da mettere in crisi più di un ansioso.

Se una cosa può andare storta lo farà. E dovunque saremo, per chiudere con un’altra citazione musicale, come ci diceva Fabrizio De Andrè in Tutti morimmo a stento, mai dimenticare che “ La Morte vi sorveglia, gioir nei prati e fra i muri di calce, come crescere il gran guarda il villano finché non sia maturo per la falce”.