Pixar ritorna con Elemental, un bel film che ci vuole mostrare con humor e sentimento come conciliare le diversità.
Esiste un posto di fiabesca bellezza, una città che chissà dov’è, moderna eppure antica, dove grattacieli svettano su piccoli quartieri pieni di botteghe, i cui abitanti vivono vite normali.
Ma proprio normali non sono, perché Elemental City, la bellissima città, è abitata dai rappresentanti dei quattro elementi, Aria, Acqua, Terra e Fuoco. Si tratta di una nuova ondata di immigrati, tutti trasferiti là in cerca di una vita migliore.
Se i primi tre hanno fra loro interazioni agevoli, i problemi sorgono nei confronti del Fuoco, che arriva per ultimo, la cui vicinanza crea problemi agli altri tre. Fuoco deve fare attenzione a non nuocere ai rappresentanti di Terra e Aria ma anche a non finire estinto da quelli dell’Acqua.
Conosciamo Ember, ragazza “focosa”, che vive da sempre con la sua famiglia nel quartiere, dove il papà gestisce una botteguccia, che intende lasciare all’amatissima figlia. La ragazza fa di tutto per essere all’altezza delle aspettative dei suoi, adeguandosi ai diktat paterni e ai consigli materni. Tutto però viene messo in discussione dall’entrata in campo di Wade, ragazzo “acquoso” di cui Ember poco alla volta si innamorerà.
Ma le loro diversità sono enormi, sembrano insuperabili. La famiglia di Ember è molto legata alle tradizioni ed è avversa alla loro relazione, mentre quella di Wade è più “fluida”, disponibile, sentimentale. Quando insieme collaboreranno per salvare la loro città da un pericolo, scopriranno come entrambi sono compatibili e indispensabili, grazie alle loro opposte qualità.
Ember può brillare senza farsi spegnere, incendiare un cuore senza bruciarlo e Wade può ribollire al suo contatto senza estinguersi. Wade seguendo la corrente si rigenera, Ember se lo facesse si annullerebbe. Elemental non è Giulietta e Romeo e potrebbe ricordare il meno riuscito Red e in parte anche Encanto, per restare in ambito Disney.
Del resto il problema dell’integrazione delle nuove generazioni, e del mantenimento della propria identità all’interno di quell’integrazione, è il fulcro della nostra società.
Il film è diretto da Peter Sohn (Il viaggio di Arlo), che anche scrive la sceneggiatura insieme a John Hoberg, Kat Likkel, Brenda Hsueh. Sohn ha tratto ispirazione proprio dalla sua vita, nato e cresciuto nel Bronx dove erano arrivati negli anni ’70 i suoi genitori coreani, in cerca di una vita migliore per loro, di un futuro per il figlio.
E così è stato, perché Sohn, entrato alla Pixar come story artist per Alla ricerca di Nemo, oggi ha diretto un suo secondo film. Elemental è tecnicamente eccelso e da questa perfezione trae una forza che mai sovrasta la sostanza.
Senza mai rinunciare a una buona dose d’umorismo, a battute e situazioni divertenti anche per i più piccini, il film non scade nella melensaggine e, senza essere politicamente corretto in modo infastidente, veicola un discorso di civiltà e accettazione, di rispetto delle tradizioni che però non devono trasformarsi in una prigione.
Perché cambiare si deve, pur senza dimenticare le radici che però non devono diventare soffocanti. Solo così si potrà costruire un mondo dove la diversità che sembra pericolosa può rivelarsi utile, dove conoscendosi ci si capisce e arricchisce, lavorando tutti insieme per un futuro migliore, per liberarsi tutti da pregiudizi e doveri imposti, che fanno lo stesso male e noi e agli “altri”.
Certo Elemental è una bella favola, dove tutto finisce bene, si dirà, la realtà è un’altra cosa. Ma provare si può, si deve. Perché non sperare, ogni tanto, almeno un poco?
Scheda tecnica:
Regia: Peter Sohn
cast: (voci) Leah Lewis, Mamoudou Athie, Ronnie Del Carmen
distribuzione: Disney
genere: animazione, commedia