Divano di famiglia è una amara commedia di disastri famigliari raccontata come un thriller psicologico.
Due fratelli (fratellastri come scopriremo poi) accompagnano la madre ottantaduenne in un vecchio deposito di mobili, alla ricerca apparente di un cassettone.
Il negozio, su più piani, è un grosso deposito di merce obsoleta, ammucchiata alla rinfusa, in parte impacchettata, coperta di plastiche impolverate, gestito da Bella, una ragazza molto sollecita e ospitale, in assenza di un padre che però tornerà a breve.
Stranamente la madre si incapriccia di un divano, ci si siede sopra e annuncia con durezza di non volersene più andare. David, il figlio più giovane, è arrendevole, preoccupato, Gruffud è già più disinteressato, si distrae facendo il piacione con Bella.
Per ricevere un po’ di collaborazione chiamano la sorella maggiore (sorellastra pure lei), l’amareggiata Linda, fumatrice accanita, ostile e priva di indulgenza nei confronti di una madre che evidentemente non ha saputo fare bene il suo “mestiere”.
Tre fratelli diversamente danneggiati.
Nel procedere degli eventi, David riceve alcune ferite anche fisiche, si mette in rotta di collisione con una moglie con cui già i rapporti non sono buoni. La permanenza nel negozio diventa sempre più difficile, dopo un paio di notti passate lì, ospiti dei titolari.
Come spostare la madre, che intanto sibila spietati giudizi su se stessa e sui figli, come tornare alle vite che ciascuno ha cercato di costruire, nonostante tutto? Come ce la racconta il regista Niklas Larsson, questa storia così consueta, una madre che non ha risposto ai canoni comunemente intesi, che ha cercato di difendersi senza però riuscirci, causando danni di cui si rende benissimo conto nel suo rabbioso dibattersi?
E ha danneggiato diversamente i suoi figli, dei quali si è salvato in parte solo chi se ne è andato? La racconta come un thriller psicologico, ricordando The Father con Anthony Hopkins, spargendo piccoli segnali surreali, seminando poco alla volta il dubbio che la storia che vediamo non sia così lineare e lasciando lo spettatore nel dubbio fino alla metà abbondante del film.
Una grande Ellen Burstyn, 92 anni.
Non che così non si intuisca quale sia la reale dimensione, però lo sviluppo rende la breve vicenda visibile con un discreto interesse. Divano di famiglia, distribuito da Academy Two, si avvale anche di un cast di ottimi attori, Ewan McGregor, visto da poco nella bella serie tv Un gentiluomo a Mosca, ben scelto per quel suo viso da giovane che il tempo sta segnando, vulnerabile e sofferente.
Lo fronteggia una grandiosa (odiosa, rabbiosa) Ellen Burstyn, nella vita reale 10 anni più del suo personaggio, nascosta sotto una bionda parrucca da pin up, dietro grandi occhialoni neri. E poi l’amato Rhys Ifans, lo svagato fratello, attore gallese che ha un suo zoccolo duro di fan.
La sorella è affidata a Lara Flynn Boyle, una carriera e una vita privata faticose dopo l’esordio esplosivo con Twin Peaks, tutto scritto su un viso lisciato dal botox eppure amareggiato e rabbioso, adatto al personaggio. I gestori del mobilificio sono F. Murray Abraham, che si sdoppia in due ruoli, e la dolce Taylor Russell.
La struttura del film permetterebbe una trasposizione teatrale con pochi aggiustamenti, così come era stato per Osage County, altra storia di una famiglia terribile, con una figura materna devastante, da cui salvarsi solo con la fuga, pur carichi dei disastri emotivi subiti.
In tante famiglie c’è il famoso elefante nel soggiorno, qui c’è solo una madre su un divano, con tutta la sua forza distruttrice dispiegata al massimo della potenza. Una donna animata da un desiderio di rivalsa crudele, infelice lei, infelici tutti, muoia Sansone con tutti i filistei, anche se i filistei sono quei figli che non hanno potuto mai dare il loro assenso per essere messi in questa valle di lacrime. Non è solo Crono a divorare i suoi figli.
Scheda tecnica:
Regia: Niklas Larsson
Cast: Ewan McGregor, Rhys Ifans, Ellen Burstyn, Taylor Russell, Lara Flynn Boyle, F. Murray Abraham, Lake Bell
Distribuzione: Academy Two
Genere: commedia, drammatico