Diamanti – Recensione

Diamanti, il nuovo film di Ferzan Özpetek, è un racconto corale al femminile, un omaggio al cinema italiano dei tempi belli, una dichiarazione d’amore a tutte le donne.

Ci sono uomini che odiano le donne, ma anche tanti che le amano. Uno di questi è il regista Ferzan Özpetek, che per il suo nuovo film Diamanti ha radunato un cast di attrici a lui care, scrivendo una storia in cui le donne sono il perno della narrazione.

Siamo a Roma negli anni ’70, in una celeberrima “ditta” di gran fama, che confeziona costumi per teatro e cinema, gestita con pugno di ferro da Alberta (Luisa Ranieri) insieme alla più vulnerata sorella Gabriella (Jasmine Trinca).

Alberta ha radunato intorno a sé un manipolo di eccelse lavoranti, fra cui (citiamo direttamente il nome delle interpreti) Geppi Cucciari, Nicole Grimaudo, Paola Minaccioni, Lunetta Savino, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier e altre.

Un piccolo gruppo solidale, in un momento storico di passaggio, in cui tutte sono diverse, vivono vite differenti con personali problemi, eppure (altro tema caro a Özpetek) ci sono sempre, le une per le altre, anche quelle che sembrano più severe e distanti.

Lunetta Savino Sara Bosi

Donne, du du du, in cerca di guai.

Nella narrazione compaiono anche Milena Vukotic ed Elena Sofia Ricci, in una breve apparizione-manifesto. E Vanessa Scalera è la cliente, la costumista premio Oscar da compiacere. Il film, corale come spesso sono le storie di questo regista, si apre sulla sua terrazza, affollata dalle attrici che poi vedremo interpretare la storia, mentre arrivano piatti di cibo succulenti, mentre Özpetek spiega il suo progetto e comincia ad assegnare i ruoli.

Che subito dopo vediamo impersonati nella storia di finzione. Nella sceneggiatura ci sono tanti elementi, dalla narrazione nazionalpopolare stile Cento vetrine di lusso, che tocca brevemente il privato di tutti i personaggi, lasciando alla fantasia dello spettatore completare il quadro di vite comuni eppure eccezionali, come sempre sono le vite anche quelle più “normali”.

Tanti sono i temi che stanno a cuore a Özpetek, uno è palesemente porgere un omaggio a un mondo se non in estinzione sicuramente in crisi, quello dei costumisti (del cinema “di una volta”), sublimi artigiani, veri e propri artisti che hanno fatto del cinema italiano quello che è stato.

Stefano Accorsi

Una tavola riccamente imbandita intorno alla quale radunarsi.

Eccezionale il lavoro del “costumista” Stefano Ciammitti, che cita/ mostra abiti dei nostri grandi artisti del passato, Piero Tosi, Piero Gherardi, Danilo Donati, e la mitica Sartoria Tirelli.

E se i costumi meravigliosi che vedremo comporsi sotto i nostri occhi servono agli attori per calarsi meglio nel personaggio che interpreteranno, anche i costumi più quotidiani di un’Italia anni ’70 del film rivestono e definiscono i personaggi del film vero e proprio, così come tutti noi ogni giorno semplicemente vestendoci decidiamo che immagine dare di noi al nostro prossimo, in un gioco che assomiglia al tema delle maschere pirandelliane.

La galleria di personaggi è affidata a uno stuolo di attrici note e notissime che avranno riposto con entusiasmo al richiamo di Özpetek, certe di ricevere un ruolo che permetta loro di brillare.

Mara Venier

Una rediviva e inedita Mara Venier, in un ruolo gratificante.

Uomini pochi nel film (Stefano Accorsi, Vinicio Marchioni, Luca Barbarossa, Carmine Recano), figure maschili semplicemente di passaggio, innocui e buoni per il semplice intrattenimento (anche per le donne l’occhio vuole la sua parte, e perché no) oppure a vario titolo nefasti (il marito gretto e violento, il regista di “virile” prepotenza a coprire le sue maschili insicurezze).

Uno solo ha un’aura positiva ma resta colpevole del peccato di omissione, per non aver mai chiarito una certa situazione, abbandonando così alle sue autolesionistiche conclusioni la figura femminile a lui corrispondente.

Non manca una spruzzata di autobiografico, il divertimento nella contesa fra due primedonne di diverse generazioni, entrambe clienti della sartoria, il piacere nella messa in scena di costumi sontuosi, fra velluti, sete e damaschi, taffetà, voile, jais e pailletes, dagli stupendi colori. Inutile dire che anche le scelte musicali sono al femminile, Mina, Pravo, Giorgia.

Vista la presenza sugli schermi in questi giorni di un altro film dedicato a delle donne, La stanza accanto, scritto e diretto da Pedro Almodovar, dovrebbe far riflettere che due storie così mirate a comprendere e abbracciare il mondo femminile siano state realizzate da due registi gay. Oppure non deve stupire per niente e gli uomini etero avrebbero solo da imparare.

Diamanti, distribuito da Vision, è un film a modo suo anche elegiaco, che mostra la nostalgia per un modo di fare cinema che è profondamente cambiato e che forse il sessantacinquenne Özpetek  dopo circa trenta anni di carriera si trova a rimpiangere. Intristito forse anche dallo stillicidio delle dipartite di chi ha fatto grande il nostro mondo dell’arte, e questo sembra indicare la malinconica dedica finale a Monica Vitti, Mariangela Melato e Virna Lisi.

Scheda tecnica:

Regia: Ferzan Ozpetek

Cast: Luisa Ranieri, Jasmine Trinca, Geppi Cucciari, Nicole Grimaudo, Paola Minaccioni, Lunetta Savino, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Stefano Accorsi, Vinicio Marchioni, Luca Barbarossa, Carmine Recano

Distribuzione: Vision Distribution

Genere: commedia