Creature di dio – Recensione

Creature di Dio è un thriller psicologico comprensibile ma non condivisibile, ben interpretato da Emily Watson e Paul Mescal.

Cosa non farebbe una madre per il proprio figlio? Interrogativo retorico, in generale la risposta è scontata: qualunque cosa.

Può però il richiamo della “sorellanza”, dell’appartenenza di genere travalicare quell’istinto primario? O altri elementi meno nobili possono entrare in campo?

Con il film Creature di Dio, distribuito da Academy Two e prodotto dalla lanciatissima A24, ci troviamo fra gente che vive sul mare e dal mare trae sostentamento, solo la pesca e lo stabilimento per pulire e distribuire l’unico prodotto locale.

Eppure a nessuno viene insegnato a nuotare per antiche superstizioni, anche se bisogna porre molte attenzione al rapidissimo movimento delle maree, guai distrarsi. L’esistenza è austera e durissima, con ben pochi ritorni commerciali, governata da rigide regole.

Emily Watson
Emily Watson, la madre indurita dalla vita.

Le donne fanno le mogli o lavorano allo stabilimento e anche i rapporti fra i due sessi sono rigidamente governati. Gli uomini grezzi pensano solo al lavoro e al pub. D’improvviso torna Brian, il figliol prodigo di Aileen, donna abituata a una vita di sacrifici e rinunce, legata da lui da un rapporto molto forte.

Brian era emigrato per dieci anni in Australia ed è evasivo sulle cause del suo rientro. Viene però riaccolto in famiglia, nella casa paterna dove vive anche la sorella, da poco diventata madre ma senza compagno. Il ragazzo inizia a lavorare a una coltivazione di ostriche, lui è uno più propenso alle scorciatoie ma come non capirlo.

Arriva l’infezione di un fungo, coltivazione e raccolta vengono bloccate per legge. Una legge che è inflessibile con i piccoli pescatori locali facili da controllare, mentre in alto mare scorrazzano le grandi navi di altre nazioni.

Emily Watson  Paul Mescal
Un rapporto madre-figlio forse troppo stretto.

Una ragazza con cui Brian ha avuto fuggevoli trascorsi lo accusa di averla aggredita sessualmente, dopo una serata al pub, la madre fornisce un alibi, ma lo stigma della piccola comunità inizia a colpire. Scatta però in parallelo una malintesa solidarietà maschile, ugualmente ingiusta.

La ragazza è stata quasi una figlia per Aileen e poi è stata incastrata in un matrimonio oppressivo e forse violento. Perché nessuno parla di quanto succede dietro la porta di casa in uno stato di omertà diffuso. Aileen comincia a essere rosa dai dubbi che poi velocemente diventano sue certezze, vecchie tensioni riaffiorano, incomprensioni mai sanate, rancori lontani, forse verità ben diverse sul passato della famiglia.

Siamo fra gente chiusa, poco abituata a comunicare sentimenti, a fare chiarezza. Creature di dio sembra virare nel suo finale quasi all’horror tribale, come fossimo in una comunità alla Midsommar, aiutati anche dalle musiche cariche di tensione di Danny Bensi e Saunder Jurriaans, con i grigi cieli spesso piovosi della costa atlantica dell’Irlanda (il film è stato girato a Donegal) ben resi dalla fotografia cupa e opprimente di Chayse Irvin.

Paul Mescal
La solitudine dei luoghi si rispecchia nelle persone.

La comunità più importante della famiglia? E la strada verso la liberazione (la ribellione restando è impossibile) implica necessariamente la fuga?

Altrimenti tocca piegarsi a una società patriarcale che vede le donne come semplici oggetti da usare, come fornitrici di sesso o di cure. Ma saranno così limpidi i moventi della madre?

Su questo dubbio il film delude, così come è poco chiaro sulla meccanica del rapporto fra Brian e ragazza, lasciando immaginare in una sola battuta un trascorso opprimente ma che non costruisce i presupposti per tutta la tragedia successiva.

E soprattutto non giustifica il voltafaccia materno. Pur ottimamente interpretato e ben ambientato in un’opprimente atmosfera che non lascia via di scampo, Creature di Dio, scritto e diretto da tre donne, non riesce a convincere, a meno di non lasciarsi distrarre dal solito discorso “me too”.

Scheda tecnica

Regia: Saela Davis, Anne Rose Holmer

Cast: Emily Watson, Paul Mescal, Aisling Franciosi

Distribuzione: Academy Two

Genere: drammatico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.