Film e serie tv ambientati in Corea ci mostrano un quadro sociale devastante, sarà fiction o c’è del vero?
Ma quanto è messa male la società della Corea (del Sud, di quella del Nord ufficialmente non sappiamo nulla) quanto a rapporti umani, stato sociale, controllo della malavita, corruzione e altre amenità?
Malissimo, almeno a vedere la quantità di prodotti che ci arrivano da quel paese, come film e serie tv, grazie alla necessità di rastrellare sempre più materiale per rimpolpare i tanti streaming dei nostri giorni.
Sono tutti prodotti di ottimo livello, di genere diverso, ma accumunati da una visione devastante dei rapporti umani, mentre le narrazioni spaziano fra solitudini immense, aggregazioni di cittadini che si uniscono per non soccombere, amicizie disperate, storie d’amore dolorose, bande di efferatissimi delinquenti, killer solitari, poliziotti corrotti, scolaresche vessate e inferocite.
Fra le serie tv possiamo elencare la black comedy Vincenzo, avvocato ex Consigliori di un mafioso italiano; Mask Girl, quasi un horror sul rapporto fra donne, bellezza e social; il successo planetario Squid Game, che ha generato un game show; Casa di carta: Corea, originale remake coreano della famosissima serie tv spagnola, ben aggiornato alla situazione locale.
Bargain.
E poi la post-apocalittica Bargain, dove si fa asta di organi umani da “donatori” vivi; La Giudice, dove una donna presiede il tribunale dei minori, sempre sotto controllo di meschini superiori maschi; Non siamo più vivi, spietata e sconsolata storia di studenti e zombie, la splendida Mr Sunshine, grandioso affresco storico e storia di vendetta.
Alla lista di produzioni recenti aggiungiamo anche il film Ballerina, classico revenge movie al femminile dai colori notturni in stile Neon/Refn. Non mancano prodotti più “leggeri” ovviamente, commedie dove i rapporti fra i personaggi non sono improntati alla legge della giungla più feroce, ma quelli più riusciti e che hanno riscosso maggiore successo sono di genere opposto.
Aggiungiamo infatti I segugi, due giovani pugili contro lo strozzinaggio più disumano ma legittimato; un altro post-apocalittico, Black Knight, con un’interessante ambientazione, dove si traffica in bombole d’aria; l’horror Hellbound, dove angeli demoniaci annunciano la morte ai peccatori.
Vincenzo.
Quasi “a parte” citiamo la nerissima commedia Lo scontro, grande successo su Netflix, dove la maggior parte di questi film e serie è stata distribuita.
Non a caso è coreano il genio della tecnologia proprietario della ditta losangelina dove è ambientata la surreale serie tv americana The Consultant, tratta dal romanzo di Bentley Little, dove le spietate logiche applicate dall’ineffabile Christoph Waltz somigliano molto a quanto detto sulla società coreana.
Quanto al cinema, pensiamo anche solo ai due registi più noti e a che storie ci hanno raccontato: Bong Joon-ho, con film come Parasite, sui conflitti di classe, Memorie di un assassino su violenza e ingiustizia (stesso tema di Chaser, storia di serial killer e critica socio/politica, diretto da Na Hong-jin).
La casa di carta – Korea.
E poi The Host (feroce satira sotto le spoglie di un monster-movie), Madre, con una donna umile in lotta contro il Sistema, e il successo internazionale Snowpiercer; Park Chan-wook con i suoi film più noti, Thirts e Old Boy, e poi Mr. Vendetta, Lady Vendetta, Madmoiselle.
Altri film su solitudine, alienazione, soprusi e violenza sono stati lo struggente Ferro 3 di Kim Ki-duk, autore anche del disturbante Bad Guy e di Pietà, Time, Soffio, Moebius (tutti elenchi parziali). Poi nominiamo il sanguinario noir Nido di vipere di Kim Yong-hoon, Bittersweet Life di Kim Ji-woon, storia di gangster e vendette, Train to Busan uno zombie-movie di enorme successo commerciale, diretto da Yeon Sang-ho.
Ma anche la commedia Castaway on the Moon, di Lee Hae-jun, pur con tono più lieve e allegorico, parla del profondo disagio della società coreana attuale. Si tratta di un elenco “for dummies”, di film e serie facilmente reperibili nei vari streaming, perché un vero appassionato conoscitore del cinema orientale avrebbe ben altri titoli da aggiungere, decine sarebbero quelli da recuperare.
Black Knight.
Sono tutte produzioni che in vario contesto mettono in scena un genere umano privo di solidarietà e comprensione, senza rispetto né pietà reciproca, solo indifferenza, crudeltà, mancanza totale di ogni tipo di scrupolo morale, la legge della giungla impera, la vita delle persone comuni vale mille volte meno di niente.
Questo inizia fin da ragazzini, perché il sistema scolastico, e poi il mondo del lavoro, si basano, anzi incrementano, una rigida divisione fra classi, in cui sempre la donna occupa un posto più in basso nella scala.
Tutti lottano per sopravvivere anche grazie a traffici di ogni tipo, esseri umani, organi, droga, corruzione, perché per i soldi tutto, sempre solo per i soldi qualunque nefandezza è lecita, qualunque indifferenza accettata. Chi non si adegua, resta schiacciato, se fortunato viene ignorato purché rimanga invisibile.
Squid Game.
Tutte queste narrazioni, anche iperboliche, sono la conferma della pessima situazione sociale del paese, del classismo senza pietà che rende ogni strato sociale ostile a quello appena inferiore, in un sistema che ricorda quello tanto vituperato delle caste indiane, con il disprezzo esibito, la prepotenza fisica e verbale che sfonda là dove trova vergogna e sottomissione.
Tutti sono solidali nell’accanirsi contro la vittima di turno, nessuno solidarizza, anzi si allea ai bulli, quasi trovando sollievo nel vedere che, in quel momento, la vittima è un altro, allontanando così il pensiero che un giorno possa toccare proprio a lui.
Non è solo il sonno della ragione a generare mostri, anche la sua distorsione, e molto cinema coreano ci ha raccontato la drammatica situazione che spesso viene contaminata con l’horror.
Non siamo più vivi.
Pensiamo anche allo splendido film Whispering Corridors, che per primo nel 1998 denuncia una situazione inaccettabile con il pretesto di una narrazione tipicamente horror, Pluto di Shin Su-won sulla spaventosa competizione scolastica, e, per arrivare ai giorni nostri, al toccante Better Days del 2011.
E poi altri film e serie tv, Beautiful World, The Heirs, Boys Over Flowers, Solomon’s Perjury. Tutti descrivono un sistema sociale ferreo nel preservare le regole imposte dall’alto e del tutto indifferente ai reali problemi dei cittadini/sudditi, problemi che ciascun si deve risolvere da solo senza azzardarsi a incrinare la fasulla perfezione della superficie.
Perché tutto è organizzato rigidamente ma (secondo il Potere e parliamo di quello reale) con precisione e giustizia e quindi il problema è chi non si riconosce, chi non ce la fa, chi soccombe. E così “disturba il manovratore”.
Parasite.
Il “popolo” invece di ribellarsi subisce a testa bassa, ogni classe sociale ne disprezza un’altra, anche se divisa da pochi won di reddito e che mai si sognerebbe di aiutare. Tutto si riflette nei comportamenti dei ragazzi, che riproducono il modello famigliare e i rapporti di forza fondati sulla sopraffazione si prolungano di generazione in generazione.
Vane, inefficaci e volutamente ignorate le riforme che il Governo istituisce senza preoccuparsi che vangano applicate e il tasso dei suicidi fra adolescenti resta altissimo.
Del resto dopo decenni di isolamento, la Corea del Sud doveva recuperare un gap con il resto del mondo e uno dei metodi usati è stato spingere sulla competizione scolastica e lavorativa, per creare una nuova classe in grado di affrontare le sfide con il resto del mondo, garantendo così un veloce sviluppo economico.
Memorie di un assassino.
Che importa di chi non ce la fa. Il suo corpo costituirà materiale per fare da scalino a chi arriva dopo di lui, nella vana speranza di arrivare in vetta, dove sono sempre in pochi a godersi il vero potere, spaziando con lo sguardo verso un orizzonte di gloria, quanto effimero dipenderà dalla fame di chi incalza alle spalle.
Se spesso abbiamo pensato che la narrazione cinematografica del Messico con i ferocissimi Narcos e la corruzione delle Forze dell’ordine possono aver contribuito a scoraggiare il turismo, guardando tutti questi titoli che abbiamo citato, non resta che consolarsi di vivere in Italia.