Il film Bob Marley racconta gli anni ruggenti del famoso cantante, mostrando una volta di più il potere della musica.
Bob Marley è uno dei cantanti/autori più famosi al mondo, morto quasi obbligatoriamente troppo giovane, meritandosi così un posto ancora maggiore nel cuore dei suoi fan.
Marley però oltre che per avere contribuito alla diffusione della musica reggae al di fuori dei confini della sua isola natale, Giamaica, è noto per il suo impegno politico, molto istintivo, per niente calcolatore, mirato a portare la pace attraverso le sue canzoni nella sua isola da sempre divisa da feroci conflitti fra opposte fazioni.
Alle quali non importava nulla del benessere di una popolazione sempre tenuta nella miseria e nell’ignoranza. Marley era il figlio mai riconosciuto di un “padrone bianco” che controllava le piantagioni a cavallo.
Dopo un’infanzia poverissima, peggiore di quanto si mostri nel film, sempre sorretto solo dall’amore della madre, ha capito che alla sua situazione si poteva sottrarre solo con la forza di volontà e con l’arte.

Un’icona della musica pop.
Ha iniziato così una lenta ma inarrestabile ascesa alla popolarità e al successo, nel corso della quale ha maturato anche il suo credo politico-esistenziale. Spesso le rockstar hanno un impatto sul pubblico degli appassionati che trascende il semplice discorso musicale.
Marley con il suo messaggio di fratellanza, tolleranza e pace è diventato, non solo in Giamaica e soprattutto in Africa, un riferimento culturale, un modello per chi faccia della solidarietà e dell’impegno sociale la propria bandiera.
La sua convinzione aveva radici nella religione rastafariana, cui aveva aderito a 17 anni, che certo ha indirizzato le scelte politico-sociali di cui dicevamo, debordando evidentemente anche nella vita privata con atteggiamenti di un certo integralismo, che male si sposano con la libertà assoluta con cui lui conduceva la sua vita.

Un momento rilassato fra marito e moglie (Kingsley Ben-Adir, Lashana Lynch).
Il Rastafarianesimo (che come tutte le religioni ci lascia personalmente indifferenti) è un movimento spirituale e culturale, nato negli anni ’30, versione religiosa del movimento politico nazionalista conosciuto come etiopismo.
I principi cui si ispira sono l’autodeterminazione dei popoli e l’uguaglianza dei diritti, sempre nel rispetto della Dichiarazione dei diritti umani. Questa religione individua il proprio leader spirituale in Hailé Selassié (detto “il Leone di Giuda dell’Apocalisse”), negus d’Etiopia dal 1930 al ‘36 e dal 1941 al ‘74, presunto discendente di Salomone e della Regina di Saba.
Personaggio dalla vita politica indubbiamente complessa e tormentata, è stato vittima col suo popolo dell’occupazione italiana durante la seconda guerra mondiale. Tornato al potere, ha modernizzando il paese, opponendosi ai locali latifondisti e promulgando la prima Costituzione nel 1955.

James Norton interpreta Chris Blackwell della Island Records.
Considerato il “difensore della fede”, l’imperatore è però anche un simbolo religioso, identificato con il Messia nero, Cristo ritornato per regnare, incarnazione di Jah, il Dio supremo, che libererà le popolazioni nere dal male, nella rivendicazione delle proprie origini e nel rifiuto della dominazione colonialista.
Tutto questo aspetto politico/religioso nel film non è per nulla spiegato, scelta su cui dissentiamo, e che rende poco chiari certi passaggi. Per quanto ci riguarda, sull’approvazione del personaggio Bob Marley pesano ovviamente altri giudizi, oltre al gradimento della sua musica.
Anche a chi non piacesse il reggae, potrà però interessare la parabola umana di questo personaggio, mitizzato ma con i suoi lati discutibili, e non parliamo affatto della droga ma del suo rapporto (dispotico) con il suo entourage e con le donne.

Un momento di uno dei suoi concerti con i The Wailers.
Altro aspetto che però in questo film viene appena sfiorato, si accenna solo alle sue tante avventure con altre donne, che gradiva sottomesse, non truccate e vestite semplicemente, come ci diceva il documentario Marley del 2018.
Diretto da Kevin McDonald, si rifaceva a fonti affidabili, in quanto una parte della Famiglia Marley aveva già allora concesso l’utilizzo del materiale privato in loro possesso esclusivo. Ma in questa narrazione a essere in primo piano, suo principale interesse, è la moglie Rita e il suo rapporto solo con lei.
Di conseguenza tanti sono stati anche gli altri figli (nel documentario se ne contavano 11). Ma qui tutto è sfumato, rispetto alla sua evoluzione artistica e politica. E non stupisce perché in vari ruoli alla produzione del film, che vede come produttore esecutivo anche Brad Pitt, hanno collaborato nuovamente vari membri della sua numerosa famiglia.

Ben scelto Kingsley Ben-Adir, anche se più bello dell’originale.
Si sa comunque che le rockstar, così come tanti comuni mortali, hanno vite movimentate. Il film Bob Marley: One Love, distribuito da Eagle Pictures, vede al lavoro un cast valido. Per il ruolo del protagonista è stato scelto, anche con l’approvazione di Ziggy Marley stesso, Kingsley Ben-Adir, che in One Night in Miami interpretava Malcolm X, da poco visto in Barbie e anche nelle serie tv Soulmates e The OA.
Nel ruolo dell’amico Chris Blackwell della Island Records compare James Norton, affiancato da Michael Gandolfini. La fiera moglie Rita è interpretata da Lashana Lynch, vista in No Time to Die quando si ipotizzava potesse essere lei la prossima 007. Dirige Reinaldo Marcus Green (Una famiglia vincente) e la sua lettura, su sceneggiatura scritta a più mani, da lui stesso insieme a Zach Baylin, Frank E. Flowers, Terence Winters, offre un ritratto molto sobrio.
La narrazione si apre su un momento in cui Marley era già famoso e si focalizza su una manciata di anni, quelli più formativi, nella parte centrale degli anni ’70, poco prima della scoperta della sua malattia e della prematura morte.

A un passo dalla fine.
Gli eventi epocali del concerto del 1978 in Giamaica, quando Marley aveva fatto unire le mani ai due renitenti rivali politici Michael Manley e Edward Seaga, in un momento di grandissima tensione sociale, costringendoli a “fare la pace” sul palco con lui, sono ripercorsi con brevi filmati autentici.
Consigliamo la versione in originale, per gustare la particolare pronuncia dei giamaicani quando parlano inglese. Il film si dedica all’ascesa del personaggio da posizioni assai disagevoli a un successo planetario, perseguito in nome di un ideale e non per arrivare a fama e ricchezza, con una lenta presa di coscienza politica, anche grazie a un suo acculturamento progressivo.
Lasciano così più scettiche altre posizioni, come spesso accade per le figure entrate nella storia, splendide nel pubblico, più opache nel privato. Ma queste sono considerazioni personali, riflessioni suscitate da un film rispettoso, che non racconta niente di nuovo e sorvola su diversi aspetti del personaggio.

Anche su Netflix sono visibili due documentari sull’argomento, Who Shot the Sherif e Reggae in a Babylon. Resta che Marley ha vissuto al massimo la sua vita breve (muore a soli 36 anni per un cancro sottovalutato) ma intensissima. Come diceva l’indimenticato Roy di Blade Runner “una candela che arde col doppio dello splendore brucia in metà tempo”.
Scheda tecnica:
Regia: Reinaldo Marcus Green
Cast: Kingsley Ben-Adir, Lashana Lynch, James Norton, Michael Gandolfini, Anthony Welsh,
Distribuzione: Eagle Pictures
Genere: biografico, musicale