Black Bag – Recensione

Con Black Bag Steven Soderbergh confeziona una commedia sofisticata che è anche un thriller di spionaggio. O viceversa.

Amore e dovere possono coesistere? La lealtà al proprio dovere può resistere se finisce in contrasto con sentimenti profondi come l’amore? Argomenti di peso, specie se si è funzionari di alto livello di una branca dei Servizi Segreti, come il National Cyber Security Center, a Londra.

Qui incontriamo George, responsabile del mantenimento di segreti segretissimi, al quale un informatore rivela che, dietro la sottrazione di Severus, software capace di provocare la distruzione dall’interno di un impianto nucleare, potrebbe esserci Kathryn, l’amatissima moglie, nonché collega di lavoro.

I due sono una copia mitizzata nell’ambiente, grande efficienza, gran classe (anche parecchia arroganza), insieme da vent’anni, mai uno scandalo, mai un tradimento, pratica cui invece indulgono tutti i colleghi della coppia, che potrebbero avere un ruolo importante nella faccenda.

Quindi George, che non dubita (ma chissà), si mette a indagare, per trovare chi e perché stia cercando di colpire Kathryn e, attraverso lei, anche lui. La presenza di Michael Fassbender genera a tratti uno spaesamento in chi avesse seguito la serie The Agency (su Paramount Plus).

Michael Fassbender Cate Blanchett

Anche le spie si amano.

Lì lavorava per la CIA, qui per un’agenzia inglese, là il suo capo per niente amichevole e pronto a scaricarlo era Richard Gere, qui è Pierce Brosnan. In più c’è anche la presenza di una psicologa, in entrambe le narrazioni, a indagare sugli animi turbati dei dipendenti. E qualche dettaglio rimanda anche a Slow Horses (entrambe ottime serie tv che consigliamo agli appassionati del genere).

Il problema di Black Bag (termine che indica un argomento Top Secret) è che sembra un film da prendere terribilmente sul serio, con i soliti aggeggi diabolici che se finiscono nelle mani sbagliate possono provocare crisi mondiali, servizi segreti implacabili, pronti a usare il pugno duro contro chiunque commetta un errore.

E la trama ingarbugliata esige attenzione costante da parte dello spettatore. Inoltre non mancano gli agenti con le loro vite private rese complicate dal mestiere, che commettono errori, scoprendosi sempre con qualcuno, perché la segretezza vera è appannaggio di pochi e logora tutti. Tutti tranne l’indefettibile coppia protagonista. Perché quello è vero amore. O almeno così sembra.

Tom Burke Pierce Brosnan Michael Fassbender

Tutti gli uomini del Re.

Ma più sono diabolicamente sofisticati i sistemi, più alto è il livello della IA impiegata, tutto miseramente frana sulla fallibile natura umana, perché a gestire tanta meraviglia tecnologica ci sono uomini e donne, influenzati da voglie di potere, soldi, sesso, amore, devozione, invidia, vendetta e così via, tutta la gamma delle nostre debolezze da quando siamo scesi dagli alberi.

La resa dei conti nel gruppetto dei personaggi avverrà in una specie di “invito a cena con delitto”, perché poco importa quel che davvero c’è in ballo, conta il “whodunit” fra i commensali riuniti intorno a un’elegante tavola da pranzo.

E dopo che la narrazione ha ondeggiato su diversi registri, la conclusione si affretta su un’improbabile eliminazione di cadavere (il nostro animo CSI si ribella) e su un finale quasi da commedia rosa, alla Dick Powell/Myrna Loy (o addirittura i Brangelina meno cruenti, non si indignino gli appassionati di Soderbergh).

Michael Fassbender

From London with Love.

Che del resto mette in scena al meglio una sceneggiatura scritta da David Koepp, professionista onusto di titoli prestigiosi e conseguenti compensi, occupandosi anche della fotografia (splendida) e del montaggio (la scena del poligrafo), perché, come usa, con civetteria dietro i nomi di Peter Andrews e Mary Ann Bernard si nasconde sempre il regista.

Splendida la colonna sonora dell’affezionato David Holmes. Impassibile e glaciale come in The Killer, Michael Fassbender sembra sensibile solo al grande amore, come è stato anche in The Agency. Elegantissimo e sempre impeccabile, lo sguardo senza emozioni dietro gli occhiali dalla spessa montatura (quasi alla Harry Palmer) è però così algido e rigido da perdere attrattiva.

Ugualmente grondante glamour e improbabile nel suo distacco siderale dal resto dei mortali, Cate Blanchett qui si riveste di un ruolo che è più nelle sue corde che nel recente Borderlands. Nel resto del cast troviamo facce note o emergenti. Fra le prime, c’è Tom Burke (tante serie tv come Progetto Lazarus, Utopia e Strike e il film Furiosa), il collega disturbato dalla vita sregolata.

Cate Blanchett

Cate Blachett, sempre impeccabile e glaciale.

Regé-Jean Page (portato alla fama da Bridgerton) fa il dirigente fresco di nomina, un rampante arrogante da abbattere; Naomie Harris è la psicologa poco equilibrata (medice cura te ipsum). La meno nota è Marisa Abela, che dopo Barbie, Back to Black e la serie Industry, sembra avviata a una gran carriera. Pierce Brosnan è il Capo dei Capi, sprezzante, intrattabile, in delirio di onnipotenza.

Con Black Bag sembra che Soderbergh non abbia voluto realizzare un vero thriller spionistico ma la stilizzazione dello stesso, in cui tutti i personaggi sono ingessati nella rappresentazione di maniera di un mondo, quello delle spie ad altissimo livello, che ci ha dato ben altre soddisfazioni, meno rarefatte. E se l’intento era ironico, non è ben percepibile.

Di una cosa siamo certi, che dopo la visione di questo film, alla prima trasferta a Londra (o in Giappone), tanti si metteranno in cerca della passione gastronomica di Pierce Brosnan, il Gran Capo di George e Kathryn, l’illegale Ikizukuri, una specie di “snuff food” macabro e vietatissimo.

Scheda tecnica:

Regia: Steven Soderbergh

Cast: Michael Fassbender, Cate Blanchett, Marisa Abela, Regé-Jean Page, Naomie Harris, Tom Burke, Pierce Brosnan

Distribuzione: Universal Pictures

Genere: thriller, spy story, commedia

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.