Biancaneve è la versione in live action del famoso film in animazione del 1937, appesantita da attualizzazioni della trama e nuove canzoni dimenticabili.
Quando Robert Iger se ne è andato dalla Premiata Ditta Disney, abbiamo pensato che finalmente ci sarebbe stata un’inversione di tendenza, visti anche i deludenti risultati al botteghino degli ultimi prodotti.
Speravamo in un cambiamento non tanto rispetto alla pratica di riprendere i vecchi successi storici in animazione “piatta” rifacendoli in CG o in live action (qualche titolo, La sirenetta, Il re leone, Il libro della giungla, Cenerentola, La carica dei 101, Dumbo, Aladdin, La bella e la bestia, gli spin-off Maleficent e Crudelia, alcuni sono andati bene al botteghino, pochi però).
Ma rispetto alla volontà di incrementare le parti musicali, facendone proprio dei piccoli musical (tendenza che Disney ha mostrato anche con i film con soggetti originali). Peccato che tutte le nuove canzoncine, i nuovi temi musicali (ammesso ci fossero), siano stati tutti dimenticabili, a volte fastidiosi, vissuti proprio come un’interruzione dell’azione, un momento in cui aspettare che finissero tamburellando sul bracciolo della poltrona.
Inoltre eravamo stanchi delle martellanti attualizzazioni ai presunti tempi correnti, con un’insistenza fastidiosa sul politicamente corretto e sul nuovo femminismo alla metoo. Invece Iger domina ancora, uomo abile nelle acquisizioni e nelle manovre finanziarie ma dalla sensibilità creativa lontana dai nostri gusti e, sembra, anche da quelli di un sacco di altri spettatori.

Biancaneve e il ladro/principe, sbiaditi come la fotografia pastellosa.
Vedremo come andrà quando gli subentrerà (pare l’anno prossimo) James Gorman. Anche se la responsabilità principale pare sia attribuibile a Sean Bailey, dirigente e produttore dal 2010, oggi sostituito da David Greenbaum, ex Searchlight, divisione Fox che si occupava di film indie. Perché qui si tratta di responsabilità ad altissimi livelli.
Tutto questo per introdurre il nostro articolo sulla nuova versione live action di Biancaneve, il grande classico del 1937, storico, meraviglioso cartone animato ispirato alla favola dei Fratelli Grimm del 1812. Il film arriva accompagnato da tante polemiche social e anche oltre.
La prima è stata sul colore della pelle dell’interprete scelta, che non è certo lunare come Nicole Kidman. Poi Peter Dinklage ha espresso le sue perplessità, non è chiaro se riguardo alle caratteristiche delle personalità dei teneri nani o all’uso della CG, che ha ridotto la possibilità che più attori, afflitti da nanismo, potessero almeno essere assunti per quei ruoli. Meglio nani rispettati ma disoccupati insomma. Del resto in ambito woke, come fai, sbagli.

La superiorità del Male sul Bene, espressa in un fotogramma.
Era invece precedente alla lavorazione del film la presa di posizione metoo, per cui il Principe baciatore poteva essere equiparato a un molestatore. Ultimamente, per non farsi mancare nulla, le due interpreti si sono divise anche politicamente, Gadot filo-israeliana e Zegler filo-palesinese.
Ma nulla di tutto questo ha influenza sul giudizio sul film, che riprende la vecchia storia con molta fedeltà, anche in diversi dettagli, rimpinzandola però di discutibili novità, che non hanno senso da un punto di vista narrativo, se non per allungare e diluire il brodo a 119 minuti di durata, aggiungendo i soliti toni “politicamente corretti” di cui proprio in casa Disney non sanno fare a meno.
Non basta più infatti l’elementare “morale della favola” originale delle loro storie, si deve sempre aggiungere, marcare, sottolineare. Qui il nefasto “girl power” made in Disney si esprime facendo di Biancaneve una leader che si risveglia non per amore ma per condurre il suo popolo alla liberazione dal giogo della schiavitù. Intanto nella foresta, un’allegra brigata ribelle di compagnucci della foresta, può essere equiparata alla resistenza partigiana.

La Evil Queen per antonomasia, un tempo chiamata Grimilde.
Responsabile dello scempio è la sceneggiatura di Erin Cressida Wilson (un passato onorevole con film come Secretary, Fur e La ragazza del treno), ma immaginiamo le pressioni della produzione. Dirige Marc Webb, lo diciamo solo per dovere di cronaca. Quanto agli interpreti, rimaniamo dubbiosi su Rachel Zegler, non per il colore della pelle, che comunque non è certo scura (lei è di origine colombiana e la fotografia la schiarisce ancora di più), ma per presenza scenica.
Quanto al canto, attività in cui aveva dato buona prova nel remake di West Side Story, qui ha poche occasioni per brillare. Inoltre noi abbiamo visto il film doppiato (la voce è quella di Eleonora Segaluscio) e quindi poco possiamo aggiungere. Gal Gadot fa della sua Evil Queen (mai chiamata Grimilde) una “cattiva” senza carisma, rispetto al cartone animato in cui era l’elegantissima essenza della perfidia femminile.
Qui è una qualunque despota indifferente a tutto se non al potere e vanesia per più, sempre lì a preoccuparsi di chi sia la più bella del reame. Meglio, nelle rispettive diverse letture di altre produzioni, la divertente Julia Roberts nel film del 2012 e la tragica Charlize Theron in Biancaneve e il cacciatore.

Biancaneve e i suoi sette nani in computer grafica.
Nella versione italiana le parti cantate di Gadot sono affidate alla professionista Serena Rossi, sprecata in un paio di canzoncine dal tono incongruo rispetto alla levatura del personaggio. Incolore Andrew Burnap nel ruolo del ladro gentiluomo.
Quanto ai nani, i volti su cui è stata applicata la mocap, necessaria per renderli in CG, appartengono a sette diversi attori, alcuni normolinei, altri no (come ad esempio il famoso Martin Klebba). Tutto ciò ci ha fatto pensare con ancora più simpatia al film Different Man, in uscita in questi giorni pure lui, chi lo vedesse, capirà.
Formalmente è ovvio che si tratta di un prodotto di lusso, Disney mai lesina fondi per costumi, scenografie, effetti (anche se gli abiti di Grimilde hanno un che di plasticoso e il vestito di Biancaneve sembra uscito da un Disney store). Una scena di ballo, sul classico Impara a fischiettar, è ben coreografata.

Mirror Mirror on the Wall…
Qualche canzone vecchia fa infatti sobbalzare di piacevole sorpresa, oppressi però dalle canzoni aggiunte che sono invadenti, inutili, melense, pur composte da due come Justin Paul e Benj Pasek, che già insieme per La La Land e The Greatest Showman, avevano fatto ben di meglio. Jeff Morrow scrive lo score, che non lascia segno.
In ogni modo di un’aggiunta abbiamo capito il senso, quella del personaggio del ladro/Robin Hood. Sarà lui infatti l’innamorato di Biancaneve, da quando lo conosce a quando sembra perderlo. E questo renderà giustificato il bacio del risveglio, visto il loro precedente rapporto.
Perché ribadiamo che ci sono state polemiche woke anche sul famoso “bacio del Principe”, visto come una molestia da parte di un “passante”. Variante introdotta da Disney rispetto dell’originale, che di baci non parlava. E come si permetteva, indignazione, scandalo.

Della serie, una donna non può neanche starsene in catalessi in una bara di cristallo che un maschio predatore di passaggio pensa di poterla baciare. Viviamo in tempi tristissimi, Trump se la ride, e film come questo continuano a portare avanti discorsi nocivi. Chi ha una certa sensibilità avrà capito, continuare a martellare gli altri non serve, li rende solo più ostili.
Scheda tecnica:
Regia: Marc Webb
Cast: Rachel Zegler, Gal Gadot, Andrew Burnap, Ansu Kabia
Distribuzione: The Walt Disney Company Italia
Genere: animazione, fantasy