Con Beetlejuice Beetlejuice, Tim Burton ci riporta con successo ai personaggi del vecchio film del 1988.
Sull’onda dei titoli di testa graficamente simili a quelli del film originale di 36 anni fa, torniamo nella cittadina di Winter River. Là infatti convergono i personaggi che avevamo conosciuto nel film Beetlejuice, per celebrare la dipartita di uno di essi.
La vita in questi anni li ha allontanati, la matrigna Delia (Catherine O’Hara) ha continuato la sua eccentrica carriera artistica; Lydia (Winona Ryder) è diventata una specie di ghostbuster, conduttrice di un programma tv in cui aiuta gli sventurati la cui casa è infestata dalle anime dei defunti, che continua a vedere.
Prima di rimanere precocemente vedova, è diventata mamma di Astrid (Jenna Ortega), una figlia adolescente che non la sopporta e detesta con ancora più energia il suo spasimante Rory (Justin Theroux), un viscido produttore/manager.
Nella vecchia casa, riaperta per l’occasione, tutto è rimasto uguale, anche il modellino della città nella soffitta e nel modellino, ancora imprigionato, ovviamente scalpita ancora Beetlejuice, che non ha mai dimenticato Lydia, la sua sposa “mancata”. La quale però deve vedersela con la pressante proposta matrimoniale di Rory.
La nuova famiglia Deetz riunita.
A complicare il tutto ci penserà Astrid, mettendosi nei guai in modo tale che solo lo “spiritello porcello” potrebbe risolvere. Pure lui però ha le sue gatte da pelare, perché dagli inferi è tornata a perseguitarlo Delores, la sua personale, indesiderata “sposa cadavere” (una divertita comparsata di Monica Bellucci, che si “rimette insieme” sulle note di Tragedy dei Bee Gees).
Nel solito andirivieni fra il mondo dei vivi e l’aldilà, gli umani pasticcioni faranno di tutto per mettersi nei guai e l’incontinente Beetlejuice altrettanto. La madre dei sequel, dei reboot, dei remake non smette di partorire.
Dopo i due recenti esempi di Alien Romolus e The Crow, arriva sugli schermi il sequel di un film rimasto nell’immaginario collettivo, capace quindi di richiamare in sala non solo chi avesse visto allora il film originale, ma anche chi lo avesse visto solo in tv, anche grazie alla scelta del cast.
Michael Keaton torna senza sforzo nei panni di Beetlejuice.
Infatti ritroviamo alcuni attori che sono rimasti in carriera in questi anni senza perdere visibilità. Winona Ryder è conosciuta anche dalle nuovissime generazioni grazie a Stranger Things, Catherine O’Hara è entrata nell’eternità come genitrice distratta di Mamma ho perso l’aereo, classico transgenerazionale come pochi, ed è quindi notissima.
Michael Keaton ha mantenuto la sua riconoscibilità come Batman, ricomparendo in quel ruolo nel film The Flash, entrando comunque in film Marvel indirizzati a un pubblico giovane (Spider-Man: Homecoming, Morbius). Di recente lo abbiamo visto nel noir La memoria dell’assassino. La più giovane Jenna Ortega addirittura fa parte del “mondo” Burton per essere stata Mercoledì nella serie tv che Burton ha tratto dalla Famiglia Addams (ma è una ragazza 22enne dalla già corposa carriera, con film graditi al pubblico più giovane).
Compare Danny De Vito, vecchio amico, ex Pinguino, Bellucci è l’amatissima compagna attuale del regista, che la “adopera” con molto humor. Spassoso il personaggio affidato a Willem Dafoe, un attore defunto che nel mondo dei morti continua a interpretare il suo ruolo prediletto, quello del duro detective.
La nuova, stupenda “sposa cadavere” di Tim Burton.
Tim Burton riesce a riprendere le fila del vecchio discorso, recuperando i suoi personaggi, che nel frattempo sono andati avanti nella vita, chi più chi meno. La sceneggiatura è scritta da Alfred Gough e Miles Millar (già insieme per Mercoledì), su una storia ideata da Seth Grahame-Smith, che li coinvolge in una trama che ci mette un po’ a ingranare ma, al primo vero colpo di scena, recupera l’interesse dello spettatore e quel ritmo che un po’ latitava.
Con questo suo Beetlejuice Beetlejuice, Tim Burton, con il suo solito tono affettuosamente macabro e l’amore per le situazioni più surreali, sembra fare un recap dei suoi temi più amati, punteggiando la narrazione di omaggi e citazioni (anche al nostro Mario Bava, maestro di un certo horror anni ’60/70, oltre che a se stesso con i famosi “serpentoni” in stop motion), togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa con l’esilarante sequenza del “contrappasso” inflitto agli influencer.
Ottime le scelte musicali quanto alle canzoni aggiunte, con inevitabile ripresa della nota canzone di Harry Belafonte Banana Boat (gli siamo grati per il recupero di MacArthur Park di Donna Summer per una scena decisiva, con testo adattato alla situazione), mentre la colonna sonora originale è nuovamente affidata a Danny Elfman. A distribuire come sempre “mamma” Warner Bros.
Oltre a rimettere in scena un difficile rapporto fra adolescenti e adulti, il film si concede un tenero momento di elaborazione del lutto, passaggio difficile ma necessario per tutti. Quando trapassiamo, i vivi devono lasciarci andare, senza restare a rimuginare e rimpiangere vanamente o addirittura molestare i nostri spiriti.
Che sono invece a loro volta impegnati, almeno nello spiritoso universo alternativo di Burton, nell’accettazione e nella gestione della nuova condizione. Come nel primo film, la coppia di sposini doveva imparare a essere morta, qui sembra che i vivi debbano imparare a essere tali. “ Chi mori il mondo lassa e i vivi se la spassa”, ammonisce il vecchio detto dialettale. A vedere certe storie di Tim Burton, potrebbe sembrare il contrario.
Scheda tecnica:
Regia: Tim Burton
Cast: Michael Keaton, Winona Ryder, Monica Bellucci, Jenna Ortega, Willem Dafoe, Justin Theroux, Burn Gorman, Catherine O’Hara, Danny De Vito
Distribuzione: Warner Bros
Genere: commedia, fantastico