Bandit – Recensione

Bandit ci racconta la storia di un rapinatore seriale di banche, interpretato da un simpatico Josh Duhamel.

Gilbert Galvan Jr. è un personaggio realmente esistito, che detiene un record da Guinness dei primati: ha rapinato 59 banche senza ferire nessuno, senza versare una goccia di sangue. Tutto questo è avvenuto in Canada negli anni ’80.

Al bandito era stato dato il soprannome di Flying Bandit perché si spostava in aereo da una città all’altra, dentro e fuori dalla banca in una manciata di minuti, sempre camuffato con trucchi e travestimenti eccentrici.

Evaso da una prigione americana dopo una delle prime rapine, fugge in Canada e prova a trovare un lavoro onesto ma tutto gli rema contro (e non sempre per colpa sua). Non gli resta quindi che tornare alla sua attività iniziale, il rapinatore-gentiluomo.

Perché, come ci dice all’inizio del film, “nessuno nasce cattivo”, si diventa così se le circostanze non lasciano scampo. Incontra quella che capirà presto essere la donna della sua vita (e in fondo non si è del tutto sbagliato) e capisce che per dare a lei e al figlio che sta arrivando la vita che lui desidera non c’è che tornare alla vecchia attività.

Josh Duhamel

Il classico simpatico mascalzone.

Che procederà con successo per anni, mentre la moglie (Elisha Cuthbert) fino a un certo punto era ignara del vero mestiere dell’amatissimo marito, sempre sorridente, affettuoso, sollecito, almeno così sembra.

Gil vola avanti e indietro dalle città, entra nelle banche, chiede e gli viene dato, tutto liscio e quasi divertente. Si parla di più di un bottino complessivo superiore ai due milioni di dollari.

A bloccare la sua carriera sarà l’unico errore commesso, entrare nell’orbita di un piccolo boss locale (Mel Gibson), un brutale delinquente vero, che era nel mirino della Polizia per le sue varie attività illegali.

Mel Gibson

Mel Gibson, lontani i tempi di Tequila Sunrise.

Richiama così l’attenzione di due ostinati poliziotti, che lottano contro i tagli di budget e l’indifferenza dei capi quasi quanto contro la malavita. Il film è tratto liberamente da una storia vera, raccontata nel libro del 1996 The Flying Bandit di Robert Knuckle e da un episodio della serie canadese True Crime Masterminds.

Scritto da Kraig Wenman e diretto da Allan Unger (Trapped, Gridlocked), Bandit romanza parecchio, anche con un certo humor, facendo del protagonista un incrocio fra un bandito gentiluomo e un vero malvivente incallito ma mai violento.

Mel Gibson, dopo tanti incidenti di percorso, ha preso l’abitudine di comparire in qualche film in un ruolo marginale anche se importante ai fini della trama, come Bomb Squad, Agent Game, Omicidio a Los Angeles, Boss Level, B-Movie commerciali che non arrivano mai in sala. Qui svolge il suo ruolo con tutta la professionalità della sua lunga carriera.

Josh Duhamel Elisha Cuthbert

Una coppietta teneramente innamorata.

Bandit, che è distribuito dal 7 agosto da Pime Video, è uno di quei film che in sala non sarebbe stato visto da nessuno, pronto per l’home video e oggi per lo streaming.

Il soggetto ricorda le tante docuserie (mediamente 4 episodi) dedicate a qualche personaggio da cronaca nera, assassino o truffatore, delinquente comune in generale. Qui la parabola di Galvan viene ridotta ulteriormente in 126 minuti e in fondo sono sufficienti.

Perché il personaggio non ha una particolare statura drammatica, è un uomo come tanti che non si è rassegnato al misero ruolo in cui la società sembrava relegarlo e ha scelto una strada alternativa, rischiosa, violenta anche se mai cruenta.

Certo Josh Duhamel è più bello e simatico dell’originale, che come usa, vedremo alla fine del film, ma antipatico Gil non sarà mai.

In fondo ha solo rapinato più banche di tutti e si sa che le banche, quelle sì non sono simpatiche a nessuno, forse nemmeno a chi ci lavora. Mai confondere infatti i banchieri con i bancari.

Scheda tecnica:

Regia: Allan Ungar

Cast: Josh Duhamel, Elisha Cuthbert, Mel Gibson, Nestor Carbonell

Distribuzione: Prime Video

Genere: drammatico, commedia

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.