Aquaman e il regno perduto – Recensione

Con Aquaman e il regno perduto il simpatico Jason Momoa torna a rivestire i panni terrestri e marini dell’eroe DC Comics.

Qual è la più grande fortuna di Aquaman? Che per impersonarlo sia stato scelto Jason Momoa, attore che ha portato con successo la sua strabordante fisicità e la sua autoironia nel personaggio, rendendolo meglio accetto alle platee.

Dopo il primo film del 2018, lo ritroviamo assai imborghesito, un padre di famiglia tutto pappe e cambio di pannolini del suo tenerissimo erede, felicemente inurbato nel faro del papà di terra, insieme all’amata Mera.

Ogni tanto entrambi tornano ad Atlantide per i loro regali obblighi, ma si tratta di parentesi fastidiose per Aquaman/Arthur quanto una riunione di condominio. Meglio ogni tanto andare a menare le mani per salvare qualche terrestre e tornare alla sua famigliola.

Ma Black Manta, che famiglia non ha più e di questo lo colpevolizza, non intende lasciarlo in pace, aiutato dallo scienziato Shin (scena nei titoli di coda del primo film), che non ha ben capito dove si è andato a cacciare.

Jason Momoa

Jason Momoa nei panni di Aquaman, who else?

Black Manta sarebbe un avversario gestibile per Arthur, sennonché ritrova casualmente un tridente maledetto che lo mette in contatto con una misteriosa entità malefica, di potenza pari a quella di Aquaman.

Che si vede costretto a cercare un alleato e chi meglio del fratellastro Orm, che aveva fatto imprigionare e ora dovrà far evadere? Orm non è affatto d’accordo nell’aiutare l’odiato fratello e di conseguenza gli odiatissimi terrestri, ma l’avventura costituirà il loro viaggio di ravvedimento e riconciliazione, come dubitarne. 

Aquaman entra in scena in un veloce recap sulle note di Born to Be Wild, nota canzone del 1968 nella colonna sonora di Easy Rider, eseguita dagli Steppenwolf (curiosamente così si chiamava anche il cattivo sconfitto nel Justice League del 2017) e il tono della narrazione è già palese, veloce, fumettoso, di facile intrattenimento, più commedia che dramma, una spolverata di vecchi valori e le solite note ecologiste (già presenti nel film precedente). E tanto immaginario collettivo.

Jason Momoa Patrick Wilson

L’improbabile reunion dei due fratelli.

Aquaman e il regno perduto arriva preceduto da tanti gossip frivoli (lo “scandalo” Heard, ci sarà, non ci sarà, per quanto ci sarà) ma è soprattutto appesantito dalle illazioni sul futuro di tutto il progetto DC Extended Universe  gestito da Warner e avviato verso un reboot epocale.

Si tratta di un film senza infamia ma anche senza troppa lode, appesantito (di nuovo) dall’eccessiva lunghezza, due ore e qualche minuto, e ciò nonostante la spiegazione dell’antefatto riguardante il mostruoso despota sepolto sotto i ghiacci resta ugualmente sbrigativa e priva di qualunque interesse, mero pretesto per aggiungere un cattivo di livello superiore.

Troppo lunghe le sequenze di combattimento, meglio riuscite le parentesi comedy, da quelle più scontate di Aquaman papà all’interazione con il fratello, che ricorda tanto la coppia Thor/Loki da provocare una citazione, mossa inattesa perché si tratta di un franchise concorrente. Mentre citando Il prigioniero di Azbakan (Harry Potter è Warner) si gioca in casa.

Jason Momoa

Animali fantastici e dove trovarli.

Quest’anno non si capisce quale follia si sia impadronita di tanti registi, Scorsese compreso con il suo Killers of the Flower Moon dalla durata-monstre di 3 ore e mezza, che hanno realizzato film che raggiungevano o superavano, anche ampiamente, le due ore di durata, quasi mai realmente giustificabili.

Questo secondo Aquaman resta la fantasiosa fiaba che conoscevamo, dall’inevitabile kitsch e con un’aria un po’ retrò, quasi alla Flash Gordon, che ci trasporta in luoghi fantastici a combattere contro cattivi di vario livello, che noi sappiamo non ce la faranno mai a scalfire i Nostri Eroi.

Una scena, una gag, a metà dei titoli di coda, alla fine nulla. Jason Momoa, tanti tatuaggi, lunghi capelli scoloriti dal mare e barba folta, sfodera tutto il suo fascino da simpatica canaglia dal cuore d’oro, badass con compiacimento, con l’ironico sguardo dorato che dardeggia sopra un fisico alla Dwayne Johnson. Ma è stato anche un divertente villain sopra le righe nel recente Fast X.

Black Manta, il villain che ritorna.

Come nell’altro film, funziona il rapporto fra i due fratellastri, il biondo perfettino Orm, un Patrick Wilson mai così in gran forma, algido rappresentante di casata reale pure un po’ snob, e il più terra-terra Aquaman, goloso di cheeseburger e birra, innamorato del nostro pianeta eppure fedele alla sua Atlantide.

Amber Heard, presenza ingombrante a causa dei ben noti problemi legali, compare nella prima parte del film e in quella finale, una mogliettina innamorata e solidale. Tornano un assai ben tenuto Dolf Lundgren nel ruolo del re Nereus (suocero di Aquaman) e Temuera Morrison nel ruolo del marito terrestre di Nicole Kidman, che potrebbe essere completamente realizzata in CG pure lei.

Black Manta, che è il personaggio-ponte con il film precedente, è affidato a Yahya Abdul-Mateen II, poco incisivo. Lo scienziato Shin, ossessionato dal ritrovamento di Atlantide, è interpretato da Randall Park, faccia nota.

Jason Momoa

Aquaman vestito per l’occasione.

Sempre stupendi sono gli infiniti, azzurrini panorami subacquei, strabiliante il bestiario acquatico messo in scena, fra balene, orche e pesci d’assalto vari, draghi/cavalli marini da combattimento, polipi umanizzati, e una specie di citazione del peggior bar degli Oceani, stile quello di Star Wars, in cui agisce un cattivo simil-Jabba the Hutt.

Abuso della CG che simula l’effetto dell’acqua, ci chiediamo quanta computer grafica oggi sia realizzata da mani umane e quanta dalla I. A. Ancora una volta la colonna sonora è scritta da Rupert Gregson-Williams e solo nel finale riecheggiano le belle note del tema del film precedente.

Dirige di nuovo James Wan, uno dei creatori della prolifica saga Saw, di cui di recente abbiamo recensito l’ultimo episodio.

Jason Momoa

Il film si limita ad aggiungere un altro colorato tassello alla narrazione di una saga, terminata però dall’evolversi della situazione produttiva, chiarendo, se mai ce ne fosse bisogno, che a contare più di tutto è la Famiglia, allargata o meno, poi va difesa la Patria, che può essere più d’una, e su tutti l’ambiente, che altrimenti famiglia e una patria finiscono sott’acqua. E per noi comuni mortali che non parliamo ai pesci, sarebbe un bel problema.

Scheda tecnica:

Regia: James Wan

Cast: Jason Momoa, Patrick Wilson, Amber Heard, Nicola Kidman, Temuera Morrison, Dolph Lundgren, Randall Park, Pilou Asbæk

Distribuzione: Warner Bros Pictures

Genere: fantastico, azione, avventura

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.