A Working Man è un film con Jason Statham, scritto da Sylvester Stallone insieme a David Ayer, che mantiene tutto quello che promette.
Jason Statham è catartico. Ci si accinge alla visione di un film di cui lui è protagonista con serenità, molto più rilassati che davanti a un TG, dal quale apprenderemo di tali e tanti soprusi impuniti e anzi orgogliosamente rivendicati, da rischiare ulcere perforanti.
Con Jason no, con lui sappiamo che i torti saranno raddrizzati e i cattivi andranno sicuramente incontro non solo al giusto castigo (e a tutti auguriamo come minimo la morte, perché sono cattivi a tutto tondo), ma che questo castigo sarà reso ancora più gustoso dall’efferatezza dell’esecuzione (tu sei il male, io sono la cura, come diceva Marion Cobretti aka Sylvester Stallone nel lontano 1986).
Nome che non facciamo a caso, perché il glorioso Sly è anche autore della sceneggiatura di A Working Man, insieme al regista David Ayer (autore di film di genere spesso imperfetti ma che gli hanno ricavato uno spazio nel cuore degli appassionati di un certo tipo di film, ricordiamo Harsh Times, End of Watch, Fury, Suicide Squad, The Tax Collector).
E i due insieme figurano anche fra i produttori. La storia è tratta dal libro Levon’s Trade, uno dei 12 scritti su questo personaggio da Chuck Dixon, autore di diversi fumetti di Batman e Punisher e molti altri soggetti noti. Ne è uscito un film politicamente scorretto, barocco, ridondante, ripetitivo (e sempre un po’ troppo lungo, 116 minuti), che ricorda tanti action del passato di Stallone e proprio di Statham.

Datemi un martello…
In una parola un film eccessivo, ma che mantiene esattamente quanto promette. Cosa faremmo senza quegli ex-cattivi che, andati in pensione, si sono tramutati in buoni, da richiamare però in servizio alla prima occasione?
Perché certe cose i buoni non le sanno fare bene come i cattivi, anche se a riposo, come insegnano film come i vari Taken ed Equalizer (e altri proprio con Statham, come il recente The Beekeepers, diretto in effetti da Ayer).
Statham qui è un ex agente delle letali Black Ops dei Royal Marines, che si è ritirato a fare con serietà e impegno il capocantiere edile in quel di Chicago. Proprietaria dell’impresa è un’onesta famiglia messicana, sulla quale Jason vigila come fosse la sua.

La lealtà è per sempre.
Perché lui una famiglia quasi non ce l’ha più, morta l’amata moglie gli è rimasta solo una piccina adorante, che però gli viene contesa da un ex suocero ricco e arrogante. Quando viene rapita Jenny, la brava figlia dei Garcia, tutt’altro che un’adolescente viziata, Jason si avventa nell’impresa del suo recupero.
Che sarà più macchinoso del previsto perché Jenny non è stata rapita per chiedere un riscatto. Dietro infatti c’è il traffico di esseri umani organizzato dal figlio degenere di un boss della mafia russa, al quale i soldi del papà e la sua produzione di metamfetamina non bastano.
E si sa quali malvagi, spietati, odiosi soggetti si muovano in quell’ambiente, che non si vede l’ora di vederli fatti a pezzettini. E così dalla parte della giustizia si siederà Jason e non avanzeranno posti per nessun altro.

A Working Class Hero.
In nome di antichi valori, per cui si ammazza ma con onore, la strage finale sarà effettuata con il mitico fucile da battaglia M14, oggi ormai usato solo per addestramento o cerimonie. Niente volgari AK 47 automatici per Jason, insomma.
Al quale non si chiede altro che di essere se stesso, come ha fatto lungo la sua gloriosa carriera, cominciata faticosamente nel 1998 con Lock, Stock and Two Smoking Barrels di Guy Ritche.
Nel resto del cast ci sono le facce note di Michael Peña (il padre disperato), David Harbour (il guerriero cieco) e Jason Flemyng (l’oligarca con figlio degenere). La vittima, non del tutto indifesa però, è Arianna Rivas. A distribuire, Warner Bros.

Poi certo si può discettare sul fatto che la violenza vada sempre rigettata, perché violenza chiama altra violenza (un po’ come i dazi), perché ai bulli non si risponde con i loro stessi argomenti, perché a comportarsi come i barbari ci si imbarbarisce.
Ma se la violenza è l’unica risposta che capiscono certi individui e noi siamo ben certi di essere dalla parte della ragione, come non parteggiare per il catartico Statham? Almeno nel buio di una sala cinematografica, lasciateci sognare.
Scheda tecnica:
Regia: David Ayer
Cast: Jason Statham, Michael Peña, David Harbour, Jason Flemyng,
Distribuzione: Warner Bros
Genere: azione