Better Man – Recensione

Better Man ci racconta la travolgente esistenza dell’animale da palcoscenico Robbie Williams, “una delle più grandi pop star del mondo ma un po’ meno evoluta”.

Come si riesce a fare un biopic originale, diverso dai tanti che negli ultimi anni ci hanno raccontato le vite di molti personaggi celebri, con particolare e comprensibile attenzione a quelli del mondo dello spettacolo?

Facendo del proprio soggetto umano uno scimpanzé, il primate più simile all’uomo dal punto di vista evolutivo. Pronto a imparare, attento ai sentimenti, disposto a tutto per compiacere il proprio padrone.

E se nello scimpanzé si cela Robbie Williams, chi sarà il suo padrone se non il pubblico? Nei suoi primi anni di vita però il ragazzo aveva fatto le prove, sottoponendosi all’impossibile approvazione del padre, un intrattenitore da sala Bingo, convinto di essere un padreterno, perché dotato di quel “quid” che palesemente e con fastidio non vedeva nel figlio.

La ricerca dell’approvazione paterna, la mancanza di stima nei propri confronti sono stati l’inferno di Robbie Williams, che solo dopo anni di apparente successo e altri in caduta libera, sembra essersi pacificato, con se stesso e con la figura del padre. Forse nel percorso virtuoso di ammenda che si è invitati a compiere dopo il rehab.

jonno davis robbie williams

Un giovane “Robbie” fragile e desideroso di approvazione.

Il film ripercorre velocemente e senza pietismi gratuiti la carriera di Williams, iniziata a 15 anni quando è stato reclutato dal cinico manager Nigel Martin Smith per entrare a far parte dei Take That, dove ha patito l’ombra “professionale” di Gary Barlow su tutti.

Poi l’uscita dal gruppo, la carriera da solista, la mancanza di ispirazione e sicurezza, il fallimento sentimentale, il precipizio degli abusi. Uno su mille ce la fa, a emergere e a salvarsi la vita, e Williams ce l’ha fatta, riuscendo in quello che aveva marchiato nel DNA, il motto del padre nei confronti degli avversari, “Whipe Them All”, falli sparire.

Il film corre veloce ripercorrendo le tappe già raccontate nel bel documentario in 4 parti visibile su Netflix, con alcuni momenti di puro spettacolo davvero travolgenti (poche ma ottime le coreografie), grazie alla scelta delle migliori canzoni di Robbie, inserite anche per l’attinenza dei testi con l’accaduto, altri comunque emozionanti e addirittura commoventi.

alison steadman

Una nonna affettuosa e il suo “cucciolino” da rassicurare.

Certo qualcuno potrebbe obbiettare che il finale, sulle note di una celeberrima canzone (non di Williams) sia un po’ ricattatorio, ma “Let Me Entertain You”, è lo spettacolo, bellezza. Non si pensi però a una cupa narrazione di caduta e redenzione, di patimenti e drammi.

Better Man, diretto dal professionista Michael Gracey (The Greatest Showman) e distribuito da Lucky Red, è anche un film appassionante e divertente (spassosissima la raffigurazione dei Fratelli Gallagher, spina nel fianco per Williams).

Il film ripercorre velocemente un paio di decenni di storia di costume che tutti, anche se diversamente in base alle rispettive età, abbiamo da poco trascorso e che ben ricordiamo. E, come la biografia di Pharrell (personaggio di ben diversa levatura è ovvio) ha trovato motivo di interesse nell’essere raccontata in forma di mattoncini Lego, anche questa di Williams deve la sua riuscita a una trovata davvero originale e spiazzante.

jonno davis robbie williams

L’esemplare adulto, orami in grado di tenere il palco.

Dopo tante biografie dalla messa in scena realistica ma fin troppo prevedibile (e che talvolta rendono poco inclini all’indulgenza) dell’esplosione del successo di certi personaggi seguita dalla loro rapida decadenza causa insufficienti difese emotive, Better Man riesce a farci partecipi del racconto di una vita fuori dal comune che riesce però a coinvolgere.

E si rivela vincente la decisione di far recitare Jonno Davis, che interpreta Robbie, dentro una tuta da Motion Capture (dietro tutta la perfezione c’è la mitica Weta di Peter Jackson, responsabile degli FX di infiniti successi, fra cui Il Signore degli Anelli, King King, Avatar, qui citiamo solo i più recenti Il regno del pianeta delle scimmie, Avatar 2, Black Panther).

Anche il vero Williams, Il “meno evoluto” come si è definito lui stesso, è stato però “usato”  in alcune scene, facendo di lui un perfetto scimpanzé, con tutta la carica atletica, la furia distruttrice, l’incontrollabile smania di vivere eppure la fragilità dietro i trasparenti occhi grigi di quello che si usa definire “un animale da palcoscenico”.

Si gira la molla e il pupazzo comincia ad agitarsi. In fondo è quello che le folle adoranti pretendono dal proprio idolo. Sui titoli di coda, la nuova canzone di Williams, Forbidden Road: ”Ho camminato lungo una strada proibita, dovevo sapere, dove va… Devi perdere la testa per tornare alla luce… Sono una contraddizione vivente, la cura e l’afflizione… Così ti ho mostrato tutti i miei demoni, mi ami adesso?”.

Perché il problema è sempre quello, essere amati. Per tutti quelli che in un gruppo sono i più reietti anche se sono i migliori, Never Give Up.

Scheda tecnica:

Regia: Michael Gracey

Cast: Jonno Davies, Robbie Williams, Steve Pemberton, Alison Steadman, Raechelle Banno, Damon Harriman, Jake Simmance

Distribuzione: Lucky Red

Genere: biografico

Pubblicato da Giuliana Molteni

Vado al cinema dalla metà degli anni ’50 e non ho mai smesso. Poi sono arrivate le serie tv.